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Data: 31/12/2006 - Anno: 12 - Numero: 4 - Pagina: 24 - INDIETRO - INDICE - AVANTI

In soffitta e sotto terra

Letture: 1228               AUTORE: Immacolata Larocca (Altri articoli dell'autore)        

Il vano “salàru”, nelle case del nostro vecchio borgo, occupava un posto molto importante forse anche più del “catòju”, perchè poteva essere adibito contemporaneamente ad usi diversi.
La sua posizione sotto il tetto consentiva di utilizzare la parte più alta come cucina. Infatti nella maggior parte delle case era qui che trovava posto il focolare e il forno (cocipàna).
Dove la falda scendeva e l’altezza veniva a diminuire, si depositavano: legna, stoviglie e tanti frutti.
Erano frutti estivi e autunnali, che i contadini conservavano sulla paglia o sulle felci, appesi alle travi o direttamente per terra. Su un letto di paglia ci mettevano: pere, mele, arance; sulle felci i fichi d’India; alle travi appendevano: sorbe, uva, pomodorini, melagrane; per terra: cipolle, agli, patate ecc.
Il sistema di costruzione del tetto con tegole separatamente poggiate su correntini di legno (ciarvùni), permetteva la fuoriuscita del fumo proveniente dalla combustione della legna e un’ottima aerazione necessaria a mantenere freschi e asciutti questi frutti.
Un altro caratteristico metodo di conservazione era quello di sotterrare alcuni particolari alimenti. La terra più idonea a tale scopo era quella delle nostre colline (scogghiu) per la sua eccellente permeabilità.
Durante la vendemmia, spesso veniva riempito un fiasco di mosto, si tappava ben bene e si deponeva a una certa profondità sotto terra. Diventava frizzante`CAe molto alcolico. Si stappava in primavera o in estate in qualche particolare occasione per consumarlo insieme ad amici o parenti.
Sotto terra mettevano anche castagne e una qualità di mele (puma malàppi), dal sapore un po’ aspro appena colte, ma farinose, dolcissime e profumate una volta mature.
Anche per la neve veniva usato lo stesso sistema di conservazione.
In inverno, in alta montagna, dopo le abbondanti nevicate, si scavavano buche profonde, si foderavano di felci e si riempivano di neve. La neve ben pressata e poi coperta di terra congelava e in estate, estratta sotto forma di ghiaccio, veniva utilizzata per preparare deliziose granite e gelati ed anche per rinfrescare l’acqua contenuta nelle “gozze”.
Le moderne tecnologie permettono oggi di avere a disposizione, in ogni periodo dell’anno, svariati tipi di frutti, sia nazionali che esteri, attraenti per forma e dimensione, ma privi di quei profumi e sapori che solo i naturali metodi di conservazione riuscivano a farci sentire e gustare.


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